L’Oriente in tavola
Nella purezza il valore di una spezia giramondo
Zafferano, prima che nel palato si gusta sul vocabolario. La parola deriva dall’ arabo za’ faran e come altri vocaboli portati dai viaggiatori rievoca mondi lontani e affascinanti e ha superato il mare e le distanze per arrivare, accompagnando un fiore di rara bellezza, sulle nostre tavole.
Lo zafferano in pistilli è garanzia di massima purezza della spezia: è
ottenuto infatti mediante la sola essicazione dei tre stimmi che ogni fiore di
“crocus sativus” custodisce, senza nessun’altra lavorazione.
Lo zafferano è una pianta della famiglia delle Iridaceae, coltivata in Asia minore e in molti paesi del bacino del Mediterraneo. In Italia le colture più estese si trovano nelle Marche, in Abruzzo e in Sardegna; altre zone di coltivazione degne di nota si trovano in Umbria, Toscana e Basilicata e, adesso, anche in Piemonte.
La pianta entra in stasi vegetativa nel periodo estivo compreso tra giugno e settembre. Nei primi giorni di ottobre dal bulbo si originano 2 o 3 spate di colore bianco, rivestite da un rigido strato di tuniche, dalle spate fuoriuscite dal terreno escono dei mazzetti di circa 10 foglie. Alla fine del mese, tra le foglie, spuntano i primi fiori. L’attività vegetativa rallenta durante l’inverno, per poi riprendere alla fine di marzo quando la pianta genera i nuovi bulbi. Da maggio le foglie cominciano gradatamente a essiccarsi, mentre a giugno i nuovi bulbi, accumulato il materiale di riserva, entrano in stasi vegetativa.
Utilizzare lo zafferano in pistilli è semplice: si consiglia di sminuzzarli il più possibile (con un cucchiaino in una tazzina da caffè va benissimo) e poi stemperarli con acqua calda, brodo oppure latte (nella preparazione dei dolci). Si aggiunge l’infuso cosi ottenuto a cottura quasi ultimata.