I solchi come un laboratorio
Etica e passione, un modo diverso di coltivare
“La nostra storia ci inorgoglisce”, raccontano Gianluigi Giaminardi, sua moglie Vilma Poggio e Federico Sburlati . Infatti è una storia tutta da raccontare. Il primo zafferaneto (non è una bella parola, ma si dice così) venne piantumato nel 2013 a Cartosio in totalità Aliata. Era la sede-laboratorio delle prime prove di coltivazione con un impianto di 400 bulbi provenienti da Novelli in Abruzzo. Da allora i tre soci hanno letto libri, partecipato a corsi di specializzazione, si sono confrontati con agricoltori che da generazioni coltivano zafferano, insomma sono tornati ” a scuola” con lo scopo di migliorare le proprie conoscenze. È stata un’impresa faticosa, impegnativa, esaltante. Non solo. Ma sono riusciti a dare la loro impronta tecnica ed etica a un prodotto commerciale. Non per nulla i tre soci, nella fase di piantumazione, hanno coinvolto pure i migranti dell’associazione Cambalache, con cui da tempo Gianluigi Giaminardi collabora come apicultore. Dai primi tentativi, con il trascorrere del tempo e dell’esperienza, si è consolidata una passione che li ha coinvolti sempre di più: attualmente hanno come “Zafferano della Valle Erro” 30 mila bulbi suddivisi in più impianti per quasi un ettaro. Una produzione che seppure considerata notevole, consente di mantenere alta l’attenzione e la cura verso la coltivazione garantendo l’estrema qualità del prodotto offerto.
Gesti antichi e collaudati per una spezia che arriva da lontano. Dal bulbo alla semina, alla fioritura, al raccolto, al consumatore. La lunga e laboriosa trafila per un prodotto che sta conquistando le simpatie e le attenzioni dei consumatori attenti